Era il lontano settembre 1999 quando alcuni abitanti della zona Bramante-Sarpi-Canonica davano origine al comitato Vivisarpi, sorpresi dall’improvvisa e rapida trasformazione del quartiere causata da un insediamento massiccio di attività commerciali all’ingrosso gestite, in maniera irrispettosa di qualsiasi regola e ordinamento, da cittadini della comunità cinese di recente immigrazione.
Forte del consenso dei residenti, il Comitato Vivisarpi, scevro da razzismi ed estremismi di qualunque colore politico, si è posto innanzitutto come interlocutore delle istituzioni cittadine sollecitandole, con un atteggiamento assolutamente civile e rispettoso, a gestire con solerzia e competenza i cambiamenti che si stavano presentando nel quartiere, anche attraverso il controllo sistematico del rispetto delle regole vigenti. Nel contempo, il comitato si è attivato come soggetto capace di veicolare e contenere il crescente disagio della popolazione.
Amministrazione comunale (sindaco e amministratori, consiglieri di maggioranza e opposizione), ASL, Vigili del fuoco, polizia municipale, forze dell'ordine, prefetto, questore: tutti sono stati messi costantemente al corrente della situazione del quartiere che si faceva ogni giorno più critica. Il confronto con le istituzioni è stato portato in tutte le sedi ove si è intravista la possibilità di una risposta efficace ai problemi del quartiere; si è così partecipato a incontri e dibattiti pubblici con esponenti politici di maggioranza e di opposizione e si sono forniti contributi conoscitivi al lavoro di commissioni comunali, si sono proposte soluzioni sia di natura tecnica sia di più ampio respiro politico. In particolare, si è proposta con convinzione la delocalizzazione degli esercizi commerciali all’ingrosso in aree adeguate a questo tipo di attività, incompatibile con la struttura topologica del quartiere e fonte prima del degrado dello stesso.
Quest’azione è stata supportata con momenti specifici di protesta della popolazione residente, tutte le volte che silenzio e assenza delle istituzioni si facevano più forti. Da semplici presidi informativi, a raccolta di firme e petizioni, fino a dar vita a una manifestazione per le vie del quartiere nel novembre 2000, al blocco del traffico nel gennaio 2002, e al presidio a palazzo marino nel febbraio 2003.
Non sono mancate certo neppure denunce circostanziate tramite la stampa, esposti-denuncia nei confronti di vari assessorati e del comando dei Vigili Urbani. Il capillare contatto con gli abitanti del quartiere è stata la base di riferimento per tutta l’attività del comitato: assemblee, banchetti informativi, porta a porta, sono stati gli strumenti che più hanno caratterizzato il rapporto con i residenti, permettendo così anche di canalizzare l’insofferenza dei cittadini verso forme costruttive di protesta. Molto lavoro è stato fatto, per raggiungere risultati che hanno quantomeno contribuito a rallentare rallentare all’incessante trasformazione e degrado del quartiere:
- controlli da parte delle forze dell'ordine, della polizia annonaria, dell'ASL e dei Vigili dei Fuoco che hanno messo in luce numerose irregolarità fiscali e amministrative, fenomeni criminosi, inadempienza alle più elementari norme di igiene, contraffazioni di abbigliamento, occhiali e giocattoli, uso di medicinali abusivamente importati dalla Cina, sino all’arresto di cittadini cinesi che tenevano segregati loro connazionali.
- ristrutturazione della rete tramviaria in via Bramante per evitare la soppressione del tram, che avrebbe reso la via teatro di un ininterrotto carico e scarico, e la costruzione all'incrocio tra le vie Bramante-Giorgione-Guercino di uno spartitraffico atto ad impedire la sosta di camion con container a rimorchio fornitori di molti magazzini all'ingrosso
-
posizionamento di dissuasori della sosta in vie strette e incroci abusati per carico e scarico
introduzione della limitazione oraria della sosta per carico e scarico, così come delle strisce gialle per la delimitazione della sosta riservata ai residenti
Ma, passati sei anni il nodo del decentramento del commercio all’ ingrosso è ancora irrisolto: un fiore all’occhiello di vari assessori, che l’hanno utilizzato attraverso i media per ricevere riconoscimenti e applausi, spostando continuamente nel tempo ogni concreta attuazione. E la mancanza di controlli adeguati da parte di tutte le forze preposte non fa che esacerbare la situazione. E’ su queste basi che la spinta a riorganizzarsi dando vita a un’associazione è divenuta naturale per molti abitanti del quartiere.
Si torna per questo sul territorio con assemblee, a cui si affacciano anche persone nuove, pronte a mettersi a disposizione della comunità perchè questo scempio di una Sarpi che tutti noi milanesi ricordiamo diversa e ricca di fascino abbia fine.